Lo scorso 13 dicembre, a Grado, lo scrittore Marco Giovanetti ha portato sulla scena un testo teatrale su un argomento delicatissimo. Ora, lo spettacolo si appresta a ripetere il successo dell’esordio con due nuove tappe nei teatri regionali: ne abbiamo parlato con l’autore.
Cosa tratta La signora delle fiabe?
«È la storia di una donna che si trova di fronte a una commissione medica, di cui si sentono solo le voci, incaricata di giudicare se la donna sia o meno sana di mente. La protagonista si chiama Louis Vermeer, come il pittore olandese, ma in realtà è un’eco del nome dell’attrice che la interpreta in età avanzata, ossia Luisa Venier, famosa a Grado per i suoi spettacoli dedicati ai bambini, che la conoscono appunto come ‘La signora delle fiabe’; Cinzia Borsatti è invece la Louis giovane. La sconnessione temporale del racconto fa sì che non ci sia un ordine cronologico di apparizione: la vita della protagonista è narrata con continui rimandi fra passato e presente. Quanto alla commissione medica, il suo giudizio si ferma all’apparenza: non si rende conto che la donna ha subito e continua a subire una violenza psicologica terribile da parte della società, poco incline a comprendere le persone eccentriche, fuori dagli schemi».
Com’è nato questo spettacolo?
«Da molti anni mi occupo, in termini artistici, di malattia mentale: l’argomento m’interessa molto, perché credo che ci sia ancora molto da lavorare all’interno della società… Ho iniziato con La guerra xé finia, racconto in dialetto gradese con il quale ho vinto il Premio ‘Celso Macor’, ho quindi proseguito con Assassino allo specchio, nel quale mettevo in scena uno schizofrenico con cambi di personalità, e con il cortometraggio Qualcuno alla porta, presentato al Cervignano Film Festival lo scorso settembre, dove ho lavorato sul tema del doppio e della violenza sulle donne. Quanto a La signora delle fiabe, è ispirato a episodi reali della vita di Luisa Venier e di Cinzia Borsatti, che però ho voluto rielaborare per rendere la storia qualcosa di universale».
Perché questo interesse particolare per la malattia mentale?
«Ho vissuto il problema da vicino, perché è toccato ad alcuni miei amici, e questo mi ha inevitabilmente segnato. Ho visto l’abuso di psicofarmaci, regolarmente prescritti dai medici, e il loro effetto sulle persone, ridotte ad automi: te ne accorgi da come camminano, da come parlano. Dialogare con il malato è più difficile, richiede maggior tempo… però è il solo modo per progredire sul serio».
Hai detto che sulla malattia mentale c’è ancora molto da fare: cosa resta della rivoluzione basagliana?
«La riforma è stata rivoluzionaria e per una volta siamo stati un esempio per il mondo intero: la chiusura dei manicomi è stata una conquista di civiltà. Tuttavia, la riforma è stata realmente applicata solo in Friuli Venezia Giulia e in pochi altri luoghi d’Italia: la verità è che prevede un investimento cospicuo di denaro pubblico e si sa che investire “nei matti” non porta consenso elettorale, specie in un momento difficile come questo. Il problema, però, è più ampio: la società non è ancora pronta ad affrontare il ‘diverso’, che sia lo straniero, il down, il malato mentale, o semplicemente la persona ‘stravagante’ non incasellabile nei nostri modelli preconfezionati, e si limita a parlare di ‘tolleranza’ o ‘accettazione’».
Nella tua produzione artistica c’è moltissimo spazio dedicato alle donne: è un caso?
«No: mi piace molto scrivere di donne. Mi è anche capitato di scrivere un racconto a quattro mani con un’amica, Sabrina Gregori, e ci siamo invertiti i ruoli: lei si occupava dell’uomo, io della donna. La psicologia femminile è straordinariamente complessa e questo aiuta molto in letteratura».
Lo spettacolo ha esordito lo scorso 13 dicembre a Grado ed è stato un successo di pubblico: te lo aspettavi?
«È andato ben oltre le mie aspettative; il pubblico ha applaudito per dieci minuti, visibilmente commosso, anche perché non mancano le scene drammatiche e in certi casi molto forti, come il dialogo fra Cinzia/Louis e il cadavere della madre suicida».
Prossime tappe?
«Al ‘Pasolini’ di Cervignano il 18 aprile e poi al ‘Verdi’ di Gorizia, in data ancora da definire».
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