Udine guarda a Torino per definire il proprio futuro

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redazione

5 Novembre 2014
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Gli architetti Irace e Robiglio al Future Forum

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Nell’immaginare e definire il futuro della propria città, bisogna usare strumenti nuovi: non più una pianificazione “polverosa” dal sapore passato, né, di converso, un’utopia irrealizzabile, ma grande visione e forte programmazione, capaci anche di governare ciò che oggi non è ancora prevedibile. Alla strategia deve seguire una chiara visione di alcuni assi fondamentali di investimento, a partire dal trasporto pubblico e dalle modalità di accesso e collegamento della città con il resto del mondo, prima sfida che una comunità ha oggi.

Questo il concetto che Fulvio Irace e Matteo Robiglio, docenti di architettura al Politecnico di Torino, hanno espresso al Future Forum di Udine, utilizzando come esempio quanto è stato realizzato nel capoluogo piemontese, per contribuire al lavoro partecipato di riflessione e definizione di azioni e progetti da mettere in campo nei prossimi 10 anni, affinché Udine e il suo territorio possano diventare un luogo che costruisce il proprio sviluppo e migliora il proprio posizionamento, economico e in termini di qualità della vita.

«Pianificare il futuro è anche affrancamento dalle gerarchie e appartenenze del passato – ha evidenziato Robiglio –. Su questi criteri, partendo da situazioni di crisi, Torino ha trovato a più riprese occasioni per ripartire, fondando alleanze nuove». Robiglio ha parlato dei due primi piani strategici che hanno caratterizzato Torino, dalle crisi degli anni ’80. «Il primo piano strategico, ad esempio,  non “sapeva” ancora che sarebbe sorto, attorno al movimento Slow Food, un nuovo nucleo propulsivo per la città e la regione legato al cibo e all’agricoltura di qualità, né sapeva ancora delle Olimpiadi. «La rete di soggetti che nascono attorno ai Tavoli della pianificazione strategica deve dunque essere capace di accogliere gli imprevisti – ha affermato Robiglio –. Oggi stiamo realizzando il terzo piano strategico, con una portata più ampia: sarà partecipato dal basso e terrà conto anche delle nuove visioni che ci stanno trasformando, nel contempo prevedendo una flessibilità elevata, la capacità di adattarsi ai cambiamenti che si verificheranno lungo il cammino».

Un concetto che ha sposato quello espresso da Irace: sapere prevedere la flessibilità nel pianificare lo sviluppo. «L’imprevisto è il vero tema del cambiamento oggi che tutto muta rapidamente – ha detto Irace –. Bisogna essere capaci di una reattività immediata, avvolgente, di una rinascita e reinvenzione forti da opporre alla crisi. Per questo bisogna avere la capacita di giocare con fattori che oggi non sono ancora chiaramente visibili o identificabili, come da noi è stato Slow Food, per esempio. Dobbiamo abbandonare l’idea che se i metodi di pianificazione urbana tradizionali hanno funzionato finora funzioneranno anche in futuro. Al contrario, lo sviluppo di una città richiede nuovi strumenti».

E in questo il web aiuta, «perché consente velocità dei processi di progettazione e controllo e capacità di governare moli di dati in un mondo in cui il cambiamento è estremamente complesso».

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