Quantitative easing al bivio

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redazione

1 Dicembre 2017
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Economia

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Era nell’aria da un po’ e l’annuncio non ha stupito molto i mercati. La Banca Centrale Europea (Bce), guidata da Mario Draghi, non taglia, dopo l’ultima riunione, il Quantitative Easing ma ne preannuncia una riduzione a partire dall’inizio del 2018. Dopo l’ultimo incontro l’istituto di Francoforte non è intervenuto nemmeno per modificare i tassi ufficiali, pari a zero per quanto riguarda le operazioni principali di rifinanziamento, a +0,25% per quelle marginali e a -0,4% per quanto riguarda invece i depositi.

Il quantitative easing a una svolta

Il programma lanciato dalla Bce a sostegno dei mercati fino a oggi ha consentito l’acquisto di oltre 2 triliardi di euro sul mercato obbligazionario e titoli di Stato (come i Btp 2037 sulle cui opportunità si sofferma Fissovariabile). Fino a fine anno il programma resta invariato e proseguirà con un ritmo di acquisti pari a 60 miliardi al mese. Registro diverso, invece, a partire da inizio 2018 quando il volume degli acquisti sarà dimezzato e diventerà pari a 30 miliardi al mese. Novità anche sulla durata dell’quantitative easing: fino al prossimo settembre, altri nove mesi di respiro per i mercati.

Cosa accadrà in futuro?

A settembre 2018, poi, si aprirà un tema diverso: cosa farà la Bce degli oltre 2.250 miliardi di obbligazioni acquistate nel corso di questi anni? Il tema non è da poco e pe questo, secondo gli analisti, dalla Banca Centrale Europea si è preferito optare per una certa prudenza anche nel testo del comunicato rilasciato dopo l’incontro. Qui, infatti, non si esclude nettamente l’ipotesi di una estensione della misura in una fase successiva a quella prevista per il prossimo settembre. È la prudenza, quindi, a caratterizzare l’atteggiamento dell’istituto di Francoforte, cosa che l’accomuna con la Banca centrale statunitense, la Fed, già alle prese con la fase di rientro del quantitative easing made in Usa.

La situazione oltreoceano

Negli Stati Uniti, evidenziano gli esperti, il piano di rientro in atto sta portando con sé la paura che il ritorno dei tassi a livelli più sostenuti possa incidere molto negativamente su tre elementi: debito federale, famiglie e imprese. Ne deriverebbe una frenata dei consumi e uno stop per la crescita economica sostenuta proprio dal debito. La situazione oltreoceano non può non far riflettere le istituzioni europee, afflitte dalle stesse preoccupazioni. Il numero uno della Bce, Mario Draghi, ha voluto sottolineare, nel corso della conferenza stampa post incontro, che la ripresa negli Stati Uniti è “molto più avanzata” rispetto alla situazione in Europa, evidenziando che il rallentamento del ritmo degli acquisti di bond sul mercato non significherà automaticamente il rialzo dei tassi ufficiali sull'euro. L’istituto di Francoforte, quindi, continuerà a reinvestire i bond in portafoglio al loro arrivo a scadenza “per un esteso periodo di tempo dopo la conclusione del programma di acquisti e in ogni caso per tutto il tempo che sarà necessario”.

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