Quando il cosplay gioca con il sex-appeal

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redazione

28 Maggio 2020
Reading Time: 3 minutes
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Prima parte

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Capita spesso, navigando su Internet, di imbattersi in siti e profili social che rimandano, nel titolo o attraverso hashtag, a quello che siamo soliti chiamare ormai erocosplay

Incontriamo così profili e gruppi di erocosplayer su Facebook, Twitter, Instagram, Pinterest, Tumblr ecc. Il termine rimanda a molti filmati pubblicati su Youtube, Coub e altri siti destinati alla condivisione di video. E siti di e-commerce, come ad esempio Etsy, propongono costumi, accessori, ma anche stampe e book dedicati a questo tema.

Il termine erocosplay è una parola macedonia, composta ovviamente da eros e cosplay, termine nato a sua volta dalla fusione di costume e play. L’incontro fra erotismo, sessualità e universo cosplay non deve stupire, né tanto meno scandalizzare. Se da un lato l’erotismo, dimensione umana fondamentale, investe facilmente ogni settore della creatività artistica (si pensi al nudo nelle arti visive, alla sensualità di tanti balli, ai fumetti e ai cartoni animati erotici, alla poesia e alla letteratura “licenziosa” e via dicendo), va rilevato che vari meccanismi interni al cosplay stesso hanno contribuito in modo specifico alla diffusione di questa pratica.

Il travestimento, innanzitutto. Indossare una maschera che spesso copre il volto o lo rende difficilmente riconoscibile, calarsi nella pelle di un personaggio – spesso sexy per sua natura, come tante figure che popolano manga, anime, videogiochi  –  permettono al(la) cosplayer di giocare più liberamente con la propria sessualità e proporsi con costumi, pose e movenze sensuali, senza uscire da quella che siamo soliti chiamare ormai la propria “zona di comfort”: l’anonimato (pieno o parziale) offerto dalla maschera, il fatto di interpretare un personaggio altro da se stessi, permettono di esprimere più liberamente la propria capacità di seduzione.

Un altro fattore interno al fandom che ha favorito lo sviluppo dell’erocosplay è senza dubbio la passione giapponese per lo stile Lolita, che si declina variamente, sposandosi con il gothic (si pensi alle “goth-loli”), le cameriere graziose, le scolarette, le giovani infermiere e via dicendo; altrettante occasioni di giocare alla “bambina sexy”, che la tradizione occidentale proponeva già in alcune figure classiche del carnevale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una cosplayer intervistata su questa pratica mi ha detto: “Per me l'erocosplay è mostrare la parte più forte di me stessa, quella che si fida maggiormente. Per fare erocosplay, infatti, la persona deve stare bene, a suo agio con il proprio corpo, tanto da esporlo in forma artistica grazie al cosplay. La cosa che mi attrae di questa sfaccettatura è la capacità di unire eros e creatività. Bisognerebbe comprende che l'erotismo non è un tabù, ma una parte di noi stessi. A livello personale, l'erocosplay ha un sacco da offrire. Sulla base della mia esperienza, aumenta l'autostima e ci aiuta ad accettare il nostro corpo. Diciamo che è un ottimo modo per uscire dalla propria zona di comfort e buttarsi in nuove esperienze”.

(segue)

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