Imparare a rinascere

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Francesca Ghezzani

13 Maggio 2021
Reading Time: 3 minutes
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“In un battito d’ali”

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La scrittrice Giulia Fagiolino, dopo aver vinto quattro premi letterari internazionali e aver esordito in ambito editoriale con il romanzo “Quel Giorno” (Capponi Editore) nel giugno 2018, è tornata in libreria con l’opera “In un battito d’ali” edito da L’Erudita, Giulio Perrone editore, un romanzo storico e corale che racconta l’intimità, le speranze e le miserie di un pezzo di storia d’Italia in un susseguirsi di eventi ed emozioni.

Giulia, ci fai conoscere da vicino i personaggi a cui hai dato vita?

“I personaggi sono molti, è una saga familiare. Spazia da quelli inventati, di fantasia, a quelli realmente esistiti. Sono di fantasia ad esempio Agnese, donna forte e passionale che lotta fino alla fine per cercare di proteggere i propri figli, o Ginevra, figlia di Agnese che rischia la propria vita per amore. Ci sono poi alcuni personaggi realmente esistiti come Dario, il ragazzino catturato nella rappresaglia che era veramente mio nonno o Corrado, un mio prozio che tornò esanime dal campo di concentramento di Mauthausen. Ciascun lettore può immedesimarsi nelle tante storie e vite raccontate”.

Hai scritto un romanzo storico, ma pensi che potremmo anche farlo rientrare in un romanzo di formazione perché, nel corso delle pagine, i tuoi personaggi subiscono una evoluzione?

“I miei romanzi li definisco catartici proprio perché fanno capire che i momenti difficili si possono superare, i protagonisti, infatti, subiscono una evoluzione. Da uno stato di paura e di angoscia lottano, non si lasciano andare, non demordono e riescono a rinascere”.

Quali sono i turning points attraverso cui si dipanano e si intrecciano le vicende dei personaggi e gli eventi storici?

“Il romanzo, proprio perché ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, è carico di emozioni e momenti adrenalinici.  Il lettore si sente coinvolto nella narrazione e lotta insieme ai protagonisti.  L'intera trama si basa sulla capacità di resistenza dei personaggi e il finale fino alla fine non è scontato, anzi ci saranno anche dei colpi di scena”.

Quale rischio si può correre nel romanzare la Storia per rispetto dei fatti realmente accaduti e dei lettori?

“Si deve essere fedeli alla storia, quindi riportare i fatti come realmente avvenuti e seguire di conseguenza il filo logico spazio temporale. In questo contesto bisogna inserire la parte di fantasia ed è l’aspetto più complicato cercare di amalgamare la vita reale con l’immaginazione, non sempre riesce bene”.

Al contrario, quale rischio è dietro l’angolo se di Storia non se ne parla?

“Ritengo che la storia sia maestra di vita – Historia magistra vitae – perché gli eventi si ripetono negli anni, nei secoli e quindi conoscerla ci aiuta ad affrontare meglio il futuro. Il non parlare di storia è un po' come disconoscere le proprie origini e cancellare il nostro prezioso passato”.

Pensi che l’uomo dimentichi presto il proprio passato?

“Mi auguro di no, però noto che purtroppo c'è la tendenza a dimenticare, a guardare il presente con molta approssimazione, con superficialità, senza avere alle spalle il necessario bagaglio culturale che ci aiuta anche nelle piccole cose. Per usare un aforisma direi la società del panta rei, ove tutto scorre come l'acqua, la vita è un continuo divenire, niente si ripete direbbe Eraclito”.

Se tu scrivessi un prossimo romanzo storico, in quale periodo lo ambienteresti?

“Devo ancora decidere, potrei ambientarlo nel Medioevo come in pieno Risorgimento”.

Cosa può imparare, infine, il lettore da In un battito d’ali?

“Il romanzo, come già detto, emana un messaggio di speranza, quello di riuscire a superare i momenti difficili. Poi è importante anche ricordarsi della storia, del nostro passato che ci guida nell’affrontare il presente e nel riscoprire quindi anche l'importanza delle proprie origini. In ultimo, il romanzo, puntando molto sugli stati d'animo e le emozioni, ci insegna a immedesimarsi nelle varie situazioni e a non dimenticarci del lato umano dentro di noi”.

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