Il richiamo del vento

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Livio Nonis

1 Giugno 2018
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Chiara Calligaris

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Chiara Calligaris, quattro volte campione del mondo di classe Europa, due assoluti e due juniores (a Oxelosund, Svezia, nel 1990 e a Livorno nel 1991), campionessa europea nel 1991, olimpionica a Pechino nel 2008, oltre a moltissime vittorie e piazzamenti nelle più prestigiose regate internazionali nel suo palmares, a 46 anni la passione per la vela che aveva da bambina non si è ancora sopita e la sua carica agonistica è rimasta intatta. Quando c’è una competizione importante nell’Adriatico e nel golfo di Trieste, lei ci si tuffa, come accaduto negli ultimi campionati del mondo disputati lo scorso anno a Muggia.

Nata a Gorizia, originaria di Monfalcone, laureata in Scienze Geologiche con un Dottorato di ricerca in Geomatica e Sistemi Informativi Territoriali, è stata per tre mandati consecutivi presidente dell’Associazione Nazionale Atleti Azzurri d’Italia della Sezione di Gorizia. Ha fatto inoltre parte per un quadriennio della giunta regionale del CONI. È socia dello Yacht Club Adriaco di Trieste, è vicepresidente dell’Associazione ASD Le Stelle ed è ricercatrice in geologia applicata presso il Dipartimento di Matematica e Geoscienze all’Università di Trieste.

Chiara, riavvolgiamo il nastro dei ricordi: quando ha iniziato a praticare la vela?

«Ero davvero un cucciolo, avevo otto anni: mia mamma mi portava sulla spiaggia di Marina Julia a fare le passeggiate e a prendere “aria buona”, come si diceva all’epoca. In un pomeriggio di ottobre, con il cielo plumbeo e una bora forte, in acqua c’erano tantissime vele colorate: i ragazzi con i windsurf si stavano divertendo moltissimo. Ingenuamente dissi a mia mamma che mi sarebbe piaciuto molto essere là in mezzo. Mi rispose che il mare è pericoloso, che va rispettato, che bisogna imparare a conoscerlo, che bisogna andare a scuola. E io risposi: “Ma se c’è una scuola, mi mandi?”. E da lì tutto ha avuto inizio… Il primo corso in Optimist a 10 anni e a 14 anni i primi podi nazionali».

Dopo tanti anni di gare e di agonismo nei mari di tutto il mondo, dove trova la voglia di mettersi in discussione ancora, partecipando a competizioni di grande intensità?

«Amo vivere il mare a 360 gradi. È la mia vita, è quello che mi dà energia, che tutte le volte quando sono giù di morale mi dà conforto, è in sostanza il mio rifugio e la mia droga. Ma purtroppo non mi dedico più all’agonismo anche se un’agonista lo è sempre, dentro il mondo dello sport ma anche fuori. Ogni volta che posso scappo a rifugiarmi nel mio mare per navigare. Se poi si tratta di competizione, meglio: mi stimola di più…»

Vista dalla sua esperienza e dai suoi trascorsi, come appare la situazione della vela in Friuli Venezia Giulia?

«Siamo da sempre una regione un po’ speciale, nel senso che la vela è stata per alcuni periodi uno sport quasi popolare. Molti erano i giovani atleti che si cimentavano in Optimist. Con la crisi economica c’è stata una contrazione del movimento. Le strutture però sono di qualità, così come gli allenatori e i dirigenti, quindi sono fiduciosa che i numeri torneranno a crescere».

E a livello nazionale?

«La situazione non è molto rosea. Gli atleti che si cimentano in questo sport sono diminuiti parecchio e soprattutto c’è un elevato tasso di abbandono che coincide spesso con il cambio di classe e con l’adolescenza. I Club lungo la costa del Friuli Venezia Giulia stanno lavorando molto su questa tematica, ma non è facile. Un grande aiuto per gli atleti di livello invece è dato dalle forze dell’ordine che arruolano i ragazzi e le ragazze nei gruppi sportivi, dando loro la possibilità di avere un reddito e di allenarsi con serenità e continuità».

Per richiamare i giovani sarebbe importante un’attività di divulgazione nelle scuole: da quanti anni si può iniziare a praticare la vela?

«Si inizia a 7-8 anni con gli Optimist. Sono tanti gli allenatori che si occupano di divulgazione all’interno delle scuole primarie, per cui direi che c’è abbastanza informazione, anche se tutto è lasciato all’iniziativa del singolo. Sarebbe importante richiamare i giovani facendoli salire in barca e dando loro l’opportunità di provare l’emozione, la gioia e la libertà che trasmette il navigare. Se si riesce a creare un minimo di interesse saranno loro a chiedere ai genitori di portarli a fare vela».

Quale consiglio darebbe a un giovane che inizia questo sport?

«Di non demordere e di divertirsi sempre. La vela è uno sport complesso che richiede una maturità mentale e un impegno fisico notevole. È però anche uno sport “longevo”, nel senso che può essere praticato a tutte le età, naturalmente con intensità diverse. Non bisogna scoraggiarsi se non si ottengono subito i risultati, bisogna essere tenaci e caparbi oltre che amanti della natura. È uno sport che fa diventare molto responsabili. Bisogna prendersi cura del proprio mezzo che deve essere sempre performante, ci si deve rapportare con gli elementi e pertanto anche con se stessi e con le proprie paure. È sicuramente uno sport totalizzante».

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