I volti di una passione

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Livio Nonis

16 Settembre 2022
Reading Time: 4 minutes
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Claudio Di Blas

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Sono un museo di ricordi quelle due grandi stanze di Claudio Di Blas che racchiudono un’epoca del calcio giocato.

Si trova un po’ di tutto, più di 500.000 figurine di calciatori di tutte le nazionalità, molte anche di pregio, senza contare le oltre 700 maglie di campioni, la maggior parte autografate, appartenute non solo ai giocatori di oggi, ma anche del passato. Si possono ammirare inoltre 100 paia di scarpe: si passa da scarpini o scarponi con la punta irrigidita da strisce di cuoio bagnato, realizzati nei primi anni del secolo scorso, fino a quelli usati nei mondiali del 2006.

Lo stesso discorso vale per i palloni datati anche loro inizi del ’900, con le “camere d’aria” che venivano inserite all’interno per poi, dopo essere stati gonfiati, venire chiusi con lacci artigianali. Fino ai tecnologici palloni attuali che non sembrano neanche lontani parenti di quelli di un secolo fa.

Chi osserva questi cimeli può farsi un’idea di come si sono evoluti i materiali, a partire dalle stesse magliette con tessuti completamente diversi da renderle persino antistrappo. Tutto questo si trova nell’abitazione di Claudio Di Blas a Gonars. Un collezionista che ha militato come calciatore tra i semi-professionisti e tra i dilettanti fino ai primi anni ’90, giocando in 22 squadre, compresa l’Udinese, in diverse regioni italiane e in molte squadre dilettantistiche in Friuli Venezia Giulia.

Agli inizi degli anni ’80, incalzato dall’amico e portiere Valerio Zorzin, ha rispolverato le sue vecchie collezioni di figurine, che negli anni aveva accumulato, riscoprendone tutto il loro fascino e quindi ripartendo nella sua passione da collezionista. Negli anni la sua enorme collezione si è abbellita di altri materiali ottenuti tramite scambi o grazie alla conoscenza diretta dei giocatori incontrati durante i loro ritiri o dopo le gare giocate a Udine. Consapevole di avere un buon rapporto di stima e di fiducia con i campioni, riceveva maglie, scarpe e figurine autografate e autenticate.

Claudio in questi anni ha allestito e organizzato molte mostre personali: la prima è stata la “Storia dell’Udinese Calcio”, nell’ambito della 17ª mostra filatelica “Friulphila sport ‘95” a Mortegliano nel 1995; la seconda “L’Udinese”, presso il palazzo “Arti Plastiche” a Udine nel 1996, in occasione dei primi 100 anni della fondazione della squadra. Nel 1997 ha esposto “La Sampdoria di Mancini” presso l’Hotel Là di Moret a Udine; nel 1998 “La Juventus” all’Astoria Hotel sempre a Udine, e infine nel 1999, al Green Hotel di Magnano in Riviera, “La Nazionale italiana”, in occasione della partita Italia – Svizzera giocata a Udine con gli azzurri allenati in panchina da Dino Zoff.

La sua mostra allestita a Portomaggiore, in provincia di Ferrara, è stata visitata da oltre 270.000 persone. Molte le collezioni presentate di giocatori regionali come Bearzot, Zoff, Grop, Zanutta, Zanolla, Burgnich, Colautti.

Sfogliando gli album è impressionante osservare le immagini dei campioni, dalle prime fotografie da giovanissimi all’evoluzione della loro maturità non solo calcistica ma anche umana.

Un effetto che balza all’occhio confrontando le foto di Francesco Totti e di Dino Zoff: vederli giovanissimi, quando erano nelle riserve delle proprie squadre, e osservarli nel pieno della loro carriera quando sono diventati campioni del mondo.

Claudio, come ha fatto a procurarsi tutto questo immenso materiale?

«È un lavoro molto impegnativo o lo fai direttamente con i giocatori, quando hai conquistato la loro stima e amicizia, o tramite dirigenti o, infine, con collezionisti per lo scambio di materiale. Sicuramente un grande impegno e ci vuole molta perseveranza».

Ha conosciuto personalmente i numerosi campioni che appaiono nelle figurine o di cui possiede le maglie autografate?

«Ho avuto modo di conoscere tantissimi personaggi, tutti molto disponibili. Ricordo Roberto Baggio, quando era nel Brescia allenato da Mazzone: riuscii a farmi autografare ben 140 figurine, come pure fece Francesco Totti. Ma ho avuto modo di conoscere anche Dino Baggio, Materazzi, Galante, Bergomi, Pagliuca e, grazie a Felice Tofful, il mitico Dino Zoff».

Tra i personaggi che ha conosciuto a chi si è più affezionato?

«Per la sua semplicità, affabilità, per la sua gentilezza, non posso che dire proprio il portierone della nazionale campione del mondo del 1982, Dino Zoff. Ricordo che quando una mattina siamo andati, con Felice Tofful, a trovarlo, lui mi chiese in friulano di dargli le foto da firmare, io gli risposi che poteva prima fare la colazione che non c’era fretta. Lui alla fine mi ha accontentato. Un altro aneddoto, simpatico, quando sempre Felice (Tofful) ha trovato il padre di Zoff a spaccare la legna con i guanti da “portiere della nazionale”, al che Felice li ha requisiti subito e ora fanno parte della mia collezione».

Invece ha avuto una piccola delusione con Enzo Bearzot.

«Enzo Bearzot era già Commissario Tecnico della Nazionale Italiana, nel 1977. Io giocavo in quel periodo a Palmanova; avevamo saputo che sarebbe venuto in visita proprio nella città stellata: al termine del nostro allenamento, dopo la doccia, uscii dagli spogliatoi ma purtroppo per qualche secondo persi la possibilità di conoscerlo personalmente. Una vera disdetta, un’occasione che purtroppo non si è più ripresentata».

Quando dirà basta, cosa farà di questo immenso patrimonio di ricordi?

«Ho due nipoti, Noah e Natalia, sono ancora piccolini, ma il più grande, Noah, sta già imparando. Comincia a riconoscere i campioni di adesso, e pian pianino gli spiegherò tutto sul calcio, da come si giocava un tempo, i palloni, le scarpe, a come invece sono ora, quanto adesso sia più facile colpire e dar di testa rispetto agli albori di questo gioco».

 

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