Archivi preistorici

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redazione

6 Giugno 2012
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Il sito palafitticolo di Palù di Livenza

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I villaggi palafitticoli preistorici dell’arco alpino costituiscono un fenomeno di straordinaria importanza scientifica, essendo molto numerosi e ben distribuiti nei laghi, paludi e torbiere del territorio prealpino. A causa della loro posizione in terreni saturi d’acqua, il legname da costruzione, i resti di cibo, gli utensili in legno o in vimini e persino il vestiario degli abitanti dell’epoca si sono conservati, a differenza di quanto succede nei siti archeologici tradizionali all’asciutto, dove i materiali organici non si preservano quasi mai. Oggi, grazie alla dendrocronologia (metodo di datazione basato sullo studio degli anelli di accrescimento degli alberi), possiamo datare con precisione gli elementi architettonici in legno dei villaggi e di conseguenza analizzare in dettaglio l’organizzazione spaziale interna degli abitati preistorici lungo un ampio arco cronologico. I resti di questi insediamenti forniscono un quadro molto dettagliato e completo della cultura materiale e della vita quotidiana di allora, e rappresentano il principale punto di partenza per lo studio delle più antiche società contadine europee. Tanto più che risultano italiane le più antiche strutture palafitticole dell’area alpina, rinvenute sul Lago di Varese e datate ca. 5000 a.C., vale a dire all’inizio del Neolitico. Il fenomeno si intensifica durante l’antica e la media età del Bronzo (2200-1400 a.C.) per concludersi verso la fine del II millennio a.C. La maggiore concentrazione di palafitte è localizzata nella regione del Lago di Garda, dove sono noti più di 30 abitati dislocati sia sulle sponde del lago sia nei bacini inframorenici. Un arco temporale, dunque, di 4000 anni, compreso tra il VI e il I millennio a.C. che coincide con una fase importante della storia recente dell’umanità: la nascita delle società moderne.

 

IL SITO PALAFITTICOLO PREISTORICO DI PALÙ DI LIVENZA.

L’area umida di Palù di Livenza, tra i comuni di Caneva e Polcenigo in provincia di Pordenone, si estende in un grande bacino naturale caratterizzato sia dall’abbondante disponibilità d’acqua, grazie alle tre sorgenti del fiume Livenza, sia da risorse naturali, sin dalla preistoria elementi particolarmente favorevoli all’insediamento umano. L’importanza archeologica dell’area era già nota alla fine dell’800, ma fu riconosciuta solo a partire dagli anni ‘60 e confermata negli anni ’80 dello scorso secolo, quando numerosissimi frammenti di recipienti ceramici, strumenti litici, utensili in legno, pali di sostegno e travi in legno furono raccolti nella parte settentrionale del bacino. Le indagini condotte sotto la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia hanno infatti messo in luce solo una parte limitata di un grande villaggio palafitticolo di età neolitica sviluppatosi su isolotti e bassure sottoposte a modesta variazione del livello delle acque tra la seconda metà del V e la prima metà del IV millennio a.C. Il rinvenimento nell’area meridionale del bacino di strumenti litici del Paleolitico superiore e del Mesolitico, databili tra il X e il VII millennio a.C., attestano inoltre una frequentazione alla fine dell’età glaciale e durante il primo Olocene delle sponde del grande lago esistente allora nel bacino da parte di gruppi umani dediti alla caccia e alla raccolta. Nonostante le alterazioni avvenute nel tempo, il Palù di Livenza conserva un deposito di straordinaria importanza per l’archeologia preistorica e per lo studio della trasformazione dell’ambiente e del clima negli ultimi 15.000 anni. Gli elementi raccolti, infatti, fanno ritenere il Palù di Livenza una delle stazioni preistoriche più rilevanti del Friuli Venezia Giulia e potenzialmente più interessanti dell’Italia settentrionale sia per la sua antichità, sia per la sua ubicazione geografica (particolarmente significativa per le relazioni con i siti neolitici dell’Austria e della Slovenia), sia perché costituisce uno dei pochi siti umidi preservatisi con abbondanti testimonianze archeologiche ben conservate nonostante le opere di canalizzazione, che in Italia hanno spesso interessato questo tipo particolare di ambiente naturale, facendolo quasi sparire. Il Palù di Livenza costituisce pertanto un archivio archeologico e paleoambientale unico nel suo genere, che va preservato e valorizzato e che ora, grazie all’iscrizione nella lista UNESCO, può essere meglio tutelato.

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