Aquileia, ritorna in vita la Domus di Tito Macro

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Livio Nonis

25 Settembre 2020
Reading Time: 7 minutes

Grazie al progetto promosso dalla Fondazione Aquileia

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Inaugurato ad Aquileia il progetto di valorizzazione e ricostruzione degli ambienti della Domus di Tito Macro, promosso dalla Fondazione Aquileia. L’intervento è stato finanziato con un importo di sei milioni di euro, attraverso l’utilizzo delle risorse erogate alla Fondazione dalla Regione Friuli Venezia Giulia e mediante il contributo di ALES S.p.A., società in house del MiBACT.

Il progetto di valorizzazione, ideato per assicurare la conservazione dei reperti esistenti e garantire la più ampia fruibilità del sito, ha previsto la risistemazione dell’area in seguito a un’attività di scavo condotta dall’Università di Padova, nonché la costruzione di una copertura in laterizio monocromo – tra le più ampie esistenti in Europa all’interno di un’area archeologica – sostenuta da pilastri d’acciaio in rosso pompeiano. La costruzione consente al pubblico di entrare in un’antica dimora romana e di comprenderne in maniera più immediata l’articolazione, le volumetrie, i percorsi, le fonti di illuminazione e il rapporto fra le sale principali e le aree scoperte.

Sono state inoltre effettuate operazioni di pulitura, consolidamento, risarcimento di lacune e protezione finale su una superfice di 320 mq di pavimenti decorati con mosaici – la cui fase visibile è databile tra la fine del I° secolo a.C e la metà del I° d.C.

La visita sarà prossimamente arricchita con un allestimento multimediale, attento agli aspetti didattici, che permetterà di ricostruire le caratteristiche degli ambienti e delle pavimentazioni attraverso l’utilizzo delle più moderne tecnologie.

“La valorizzazione della Domus di Tito Macro rappresenta un punto importante di un percorso che la Fondazione Aquileia segue da tempo, allo scopo di raggiungere una migliore fruibilità dei resti della grande città romana. L'obiettivo è rendere ‘parlanti’ i reperti archeologici e le grandi opere d'arte conservate ad Aquileia, aiutando la comprensione nel contesto originalissimo di una città che fu punto d'incontro della romanità con il mondo balcanico e con quello nordafricano e mediorientale. Confidiamo che la Domus di Tito Macro possa richiamare ulteriormente l'attenzione del pubblico, unendosi così ad altri due grandi edifici costruiti dalla Fondazione, l'Aula Meridionale e la Domus Episcopale, che attraggono ogni anno 60.000 visitatori ciascuno”, ha dichiarato l’ambasciatore Antonio Zanardi Landi, presidente della Fondazione Aquileia.

“Abbiamo sostenuto con decisione questo importante progetto, perché conferma la capacità dell'Italia di essere leader nella valorizzazione dei beni culturali. Con la ricostruzione dei volumi della Domus di Tito Macro il visitatore avrà modo di immergersi in modo ancora più coinvolgente nella realtà del tempo e coglierne al meglio le caratteristiche. Ales conferma così il suo impegno a supporto del MiBACT per la realizzazione di progetti volti alla valorizzazione e al miglioramento delle condizioni di fruibilità del patrimonio del Paese”, ha sottolineato Mario De Simoni, presidente e AD di Ales S.p.A.

“Si tratta di un’impresa particolarmente lunga e complessa ma anche appassionante, frutto di un lavoro corale, di riflessioni, discussioni e scelte non banali, mirate a trovare un equilibrio tra tutela, restauro e ricostruzione filologica, leggibilità e godibilità. Il risultato consente di apprezzare in modo nuovo i resti archeologici, restituendo loro atmosfere, luci e volumi”, ha affermato Simonetta Bonomi, soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia.

“La valorizzazione della Domus di Tito Macro ha rappresentato per la Fondazione, e certo rappresenterà anche in futuro, una sfida costante e appassionante nel coniugare la realtà dei resti archeologici con la loro ‘narrazione’, sia sotto il profilo delle scelte architettoniche adottate per la copertura e per la restituzione delle antiche strutture, sia sotto il profilo del racconto, o meglio dei racconti, che la domus, le sue trasformazioni, la vita al suo interno, il rapporto con la città antica possono ispirare. Tengo a ringraziare di cuore il personale della Fondazione, i tecnici, i professionisti e le imprese che hanno collaborato con noi per giungere a questo risultato”, ha evidenziato Cristiano Tiussi, direttore della Fondazione Aquileia.

“Un plauso a tutti coloro che hanno contribuito a questo risultato che consentirà di valorizzare e migliorare ulteriormente l’offerta culturale e turistica della nostra città”, ha aggiunto il sindaco di Aquileia, Emanuele Zorino.

“Entro breve, la Regione predisporrà gli strumenti per la realizzazione della variante di Aquileia, per trasferire all'esterno dell'abitato il traffico che ora percorre il nucleo urbano, con l'obiettivo di facilitare la visita dell'antica città romana e completerà le infrastrutture per poter dotare della banda larga l'intera località. In questo modo, si potrà consentire ai turisti, ai visitatori e agli appassionati di storia e archeologia di affrontare con i più moderni strumenti multimediali tutti i percorsi disponibili per la scoperta delle memorie dell'antica località romana. Inoltre, la banda larga consentirà di vedere Aquileia non solo in orizzontale, ma anche in verticale”, ha anticipato l'assessore regionale alla Cultura, Tiziana Gibelli, intervenuto all'inaugurazione assieme al presidente del Consiglio regionale, Piero Mauro Zanin.

Il progetto di ricostruzione è stato redatto dal Raggruppamento Temporaneo di Professionisti, coordinato dall’arch. Eugenio Vassallo e realizzato sotto la sorveglianza della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia con la direzione dei lavori dell’ing. Ermanno Simonati.

La Domus sarà visitabile sabato 26 e domenica 27 settembre su prenotazione in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio e, a seguire, sarà aperta al pubblico su prenotazione, in base a modalità che saranno comunicate prossimamente sul sito internet www.fondazioneaquileia.it

 

La “Domus di Tito Macro” e i lavori di scavo

 

La “Domus di Tito Macro”, una delle più vaste dimore di epoca romana tra quelle rinvenute nel Nord Italia, copre una superficie di 1.700 metri quadrati e rappresenta un unicum in Europa. L’abitazione si estende per circa 77 metri in lunghezza e 25 in larghezza massima, tra due strade lastricate della città (decumani) all'interno di uno degli isolati meridionali della colonia, fondata nel 181 a.C., dal quale provengono il celeberrimo mosaico del ratto d’Europa, il bellissimo pavimento con tralcio di vite con fiocco e il ‘pavimento non spazzato’, ora esposti al Museo Archeologico Nazionale, e il mosaico del Buon Pastore, provvisoriamente collocato a Palazzo Meizlik.

La dimora fu indagata parzialmente negli anni ’50 del secolo scorso e, tra il 2009 e il 2015, è stata oggetto degli scavi condotti da parte del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Padova, in convenzione con la Fondazione Aquileia e su concessione del MiBACT, sotto la direzione del Prof. Jacopo Bonetto. Gli scavi hanno permesso di riconoscere, in particolare, la pianta della domus, costruita nel I sec. a.C. e vissuta ininterrottamente fino al VI sec. d.C. , e di proporne l’attribuzione a Tito Macro, facoltoso abitante di Aquileia, in base al ritrovamento di un peso di pietra con maniglia di ferro con l’iscrizione T.MACR.

“L’attività svolta dall’Università di Padova ha portato alla luce un’intera dimora, non una qualunque, ma una casa ‘ad atrio’: la prima rinvenuta ad Aquileia, un sito noto per i numerosi resti di edilizia domestica, nella maggior parte costituiti però da frammenti o porzioni difficilmente comprensibili. Di qui la decisione di affrontare una tra le sfide più grandi e originali: riproporre nella sua interezza e nel suo ingombro spaziale una casa romana, realizzando una copertura che rendesse palese anche al grande pubblico l’articolazione degli spazi e offrisse un’esperienza sensoriale diversa, ma non meno emozionante, di quella che si può vivere attraverso le ricostruzioni virtuali. Un’esperienza che, ci auguriamo, possa contribuire a fare dell’antica colonia romana, divenuta poi capitale della Venetia et Histria, non solo il luogo del cuore per gli aquileiesi, ma una tappa obbligata per tanti turisti” hanno dichiarato Francesca Ghedini, professoressa emerita di archeologia classica, e Jacopo Bonetto, ordinario di archeologia classica e direttore delle ricerche archeologiche sui fondi Cossar.

Le indagini archeologiche hanno permesso di documentare inoltre le fasi di evoluzione della domus, che fu oggetto di varie trasformazioni e rinnovamenti tra cui il grande mosaico della pesca, che verrà ricollocato nella sala di rappresentanza aperta sul giardino. Il tenore di vita dei proprietari è testimoniato da un bellissimo anello d’oro e pasta vitrea datato II-III sec. d.C.. Oltre 1.200 sono le monete restituite dagli scavi, tra le quali spicca il sesterzio di Massimino il Trace (235-236 d.C.), l’imperatore che trovò la morte proprio ad Aquileia per mano dei suoi stessi soldati che avevano stretto d’assedio, senza successo, la città rimasta leale a Roma. Un tesoretto di ben 560 monete è stato poi ritrovato nella zona dell’atrio, nascosto dal suo proprietario in una buca intorno al 460 d.C., nei turbolenti anni successivi alla presa di Aquileia da parte di Attila, re degli Unni, e mai recuperato.

Alla casa si accedeva da ovest, attraverso un atrio sorretto da quattro colonne e dotato di vasca centrale per la raccolta dell’acqua e di un pozzo, parzialmente conservatosi e integrato nella parte mancante. In asse con l’accesso si trovava il tablino, sala da ricevimento del padrone di casa, con ricco pavimento musivo. La parte retrostante della casa gravitava su uno spazio centrale scoperto, il giardino, circondato da un corridoio mosaicato e dotato di una fontana. Su di esso si apriva la grande sala di rappresentanza e, a sud, il triclinio, affiancato da ambienti di soggiorno e da una stanza da letto (cubicolo). A nord si trovava invece la cucina con bancone in muratura, mentre nella parte orientale sono state riconosciute quattro botteghe, tra le quali anche il negozio di un panettiere con il forno per la panificazione, i cui resti sono rimasti in vista.

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