Sissi di nuovo tra noi

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redazione

11 Novembre 2015
Reading Time: 4 minutes

Cristina De Simone

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Si dice che sognare contribuisca ad alimentare la speranza in un mondo migliore, un punto di arrivo cui si giunge per vie diverse. In questo caso al centro del sogno coltivato dalla cervignanese Cristina De Simone, fin da bambina, è un personaggio storico di grande rilevanza, che suscita ancora, dopo cento anni dall’entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria, appassionate reazioni.

Parliamo di Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, duchessa in Baviera, imperatrice d’Austria e regina d’Ungheria (1837-1898). Cristina si è avvicinata a Elisabetta d’Austria grazie alla mediazione di Sissi, il personaggio che l’attrice Romy Schneider ha egregiamente interpretato nei fortunati film del regista viennese Ernst Marischka: ‘La principessa Sissi’, ‘Sissi, la giovane imperatrice’, ‘Sissi, il destino di un’imperatrice’(1955-57).

In lei Cristina colse quella bellezza, eleganza, intelligenza, delicatezza che non aveva visto in una Barbie di plastica: Sissi la indirizzò alla ricerca di quegli aspetti imperituri che segnano la vita e la rendono degna di stima. Il fatto che Elisabetta d’Austria non ebbe vita felice impedì la banalizzazione del sentimento di ammirazione nei suoi confronti: ricordarla

rappresenta per Cristina un atto di omaggio a una donna dalle grandi qualità umane, pur senza dimenticare le sue mancanze e certe scabrosità della sua personalità. Da qui è nato il percorso che l’ha condotta a reincarnare fisicamente il personaggio nelle sembianze, nelle usanze e nel vestiario durante una serata evento in cui l’eterna Sissi è riapparsa sotto braccio dell’imperatore Francesco Giuseppe, alias Mattia Millo di Strassoldo.

E proprio l’abito, ispirato a quello indossato dall’imperatrice al matrimonio del fratello, nel 1864, a Dresda, e ritratto dal pittore Franz Xaver Winterhalter, alla fine ha assunto significato metaforico: degno ornamento della bellezza, simbolo di ricchezza, segno della trasformazione di Elisabetta da duchessa in Baviera a imperatrice, che si è dimostrata attenta ai cambiamenti storici e sensibile ai bisogni sociali.

Cristina, quando è nata la passione per Sissi?

«Quando avevo circa 8 anni: ricordo che durante il periodo natalizio, quando tutta la famiglia era riunita, si attendeva di vedere la famosa trilogia di Marischka, che tra tutti i bei film dell’epoca era quello che più mi faceva battere il cuore».

Qualcuno l’ha alimentata o è fiorita e cresciuta da sola?

«Mio nonno, classe 1908, raccontava spesso di quanto si stava bene sotto Cecco Beppe, ma la mia passione ha seguito un suo corso in autonomia: i sontuosi abiti curati nel dettaglio, la mania per il giro vita stretto, l’amore per i cavalli e i cani di grande taglia, il piacere delle lunghe passeggiate all’aperto, la magnificenza dei castelli e palazzi, la vita di corte».

Quando è avvenuto il passaggio dal mito alla storia?

«In età adulta dopo una visita a Vienna mi sono nuovamente trovata davanti a Sissi e ho avvertito l’inspiegabile desiderio di conoscerla meglio».

La scoperta del personaggio storico ha inciso sull’interesse per Sissi?

«Più leggevo e più ne restavo incantata, talvolta rispecchiandomi in lei, nel suo carattere, nel suo essere donna e nelle situazioni da lei vissute. Inoltre mi è stato di grande aiuto il fatto di aver ripercorso i suoi passi nei luoghi dove lei ha soggiornato durante le sue visite nella nostra regione. Approfondendo lo studio del personaggio si impara a distinguere le illazioni dalla verità».

Sei anni fa iniziava la creazione dell’abito di Sissi: da cosa nacque la decisione?

«Il desiderio di indossare uno stretto bustino e quell’abito meraviglioso ricamato di stelle per essere lei una volta nella vita occupava i miei pensieri, sebbene venissi bonariamente presa in giro da familiari e amici, i quali non avevano ancora compreso il livello della mia passione. Un giorno, sei anni fa, durante una chiacchierata tra amiche stavo spiegando a Michela Marchi (la sarta) il sogno che volevo realizzare. Lei mi guardò con aria incuriosita e, senza riflettere un attimo, mi disse in dialetto bisiacco: “Te lo faso mi!”. Ero al settimo cielo. Il mio sogno cominciava a prendere forma. Sono serviti quattro anni allo studio filologico sull’abbigliamento, acconciature e gioielli dell’epoca, nonché alla ricerca dei materiali e delle persone in grado di eseguire fedeli riproduzioni».

A chi giudica questa passione un frutto della nostalgia come rispondi?

«Non si tratta di nostalgia, ma di conoscenza del passato. Mi sono assunta l’impegno morale di non dimenticare quei valori e quello stile di vita che hanno contraddistinto tanti illustri personaggi della nostra storia, a cui ci si potrebbe ispirare anche oggi».

La realizzazione della cerimonia cosa ha significato per te?

«È stato il raggiungimento del mio obiettivo, ovvero riportarla in vita: la reazione inaspettata e positiva degli invitati, che si sono emozionati rivedendo Sissi, mi ha riempito di gioia e ripagato di tutti gli sforzi. Il commento più significativo è stato: “Sembri la reincarnazione di Sissi”».

Fosse stata presente, Elisabetta d’Austria avrebbe probabilmente riletto le parole da lei scritte nell’estate del 1890 quando, seduta dentro un treno che fischiava e correva veloce, lasciò un pensiero a coloro che avrebbero aperto a 60 anni dalla sua morte il plico delle proprie poesie: “Ringrazio di cuore le anime del futuro, a cui un tempo usavo rivolgermi, per avermi permesso di tornare a vivere”.

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