Una classica infanzia degli anni Ottanta, vissuta nella periferia industriale di una grande città del Nord, fra tegolini del Mulino Bianco e compagni di scuola strafottenti; una banale adolescenza anni Novanta, condita di musica grunge, cortei studenteschi e serate in discoteca; una comune giovinezza a cavallo del nuovo secolo, fatta di inconcludenti anni universitari e lavoro che non si trova. È il ritratto tipico di un trentenne italiano, ma se il trentenne in questione si chiama Aram e ha un padre iraniano, le cose si complicano un po’...
In bilico fra incanto, ironia e tragedia, lo spettacolo racconta la storia dei nuovi italiani, i figli degli immigrati, le cosiddette "seconde generazioni". E attraverso la voce di Aram Kian, protagonista di questa storia e del monologo, Gabriele Vacis costruisce un testo che è uno stralcio di vita e memoria e, al contempo, uno sguardo al futuro di una società che sta imparando a dare un significato all’aggettivo “multietnico”.
Aram Kian si diploma alla Civica Scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi” di Milano nel 1996 e da allora il teatro è la sua attività principale. Da sempre interessato alla nuova drammaturgia italiana e straniera, collabora nel corso degli anni con registi del calibro di Valerio Binasco, Gigi Dall’Aglio, Massimo Navone, Cristina Pezzoli, Serena Sinigaglia e Beppe Rosso. Ha partecipato a diversi radiodrammi e, al cinema, è stato diretto fra gli altri da Gabriele Salvatores inEducazione siberiana (2013). Recentemente ha recitato al fianco di Marina Massironi e Roberto Citran nello spettacolo Il solito viaggio, scritto e diretto da Matteo Oleotto, prodotto da La Contrada - Teatro Stabile di Trieste.