Arriva al Teatro Verdi di Gorizia mercoledì 1 febbraio alle 20.45 il romanzo per antonomasia (nonché l’ultimo) di Luigi Pirandello, Uno nessuno centomila. Pubblicato nel 1925 a puntate, in versione definitiva l’anno dopo, ma iniziato nel decennio precedente, è la summa del suo pensiero, della sua sterminata riflessione sull’Essere e sull’Apparire, sulla Società e l’Individuo, sulla Natura e la Forma. Quella di Antonello Capodici è una ironica, moderna, divertente, umoristica, spiritosa, paradossale, leggera e istrionica versione teatrale del capolavoro del genio agrigentino, un allestimento arioso, scenicamente sorprendente. In scena Pippo Pattavina, attore decano del Teatro siciliano e nazionale, a lungo protagonista della stagione più alta dello Stabile Etneo, e Marianella Bargilli, attrice sorprendente, duttile, stilisticamente raffinata quanto moderna, che interpreta tutti i personaggi femminili del romanzo. Il protagonista, Vitangelo Moscarda è una persona ordinaria, che ha ereditato da giovane la banca del padre e vive di rendita. Un giorno, però, la seducente moglie gli fa notare che il suo naso "pende verso destra”, e si scatena in lui una crisi di identità, un vero e proprio abisso nel quale egli non sa più riconoscere se stesso. Decide quindi di scrollarsi di dosso l’immagine che il mondo gli ha affibbiato arbitrariamente e di dare inizio a una vera e propria guerra di “distruzione di un Moscarda”. La biglietteria, in via Garibaldi 2/a (tel. 0481 383601), è aperta da lunedì a venerdì dalle 17 alle 19 e sabato dalle 10.30 alle 12.30. Nelle giornate di svolgimento degli spettacoli i biglietti per l’evento della serata saranno acquistabili in biglietteria dalle 20 fino a inizio rappresentazione. Online i biglietti sono disponibili su Vivaticket.
Antonello Capodici nelle note di regia scrive: “La scena è abbacinante. Di un bianco perfetto, luminoso, totale. Una scatola bianca. Ma a una visione più attenta capiremo che le pareti non sono così “innocenti” come sembrano. Siamo in molti luoghi, cioè in nessuno. La mente del Protagonista, certo. Ma anche una cella, una stanza d’ospedale o di manicomio. Un luogo “non-luogo”, che però si riempie subito di visioni. Ecco, allora, che le pareti della scatola, risultano sì bianche, ma come calcinate. Intonacate da materiale denso, grumoso, impervio. Riverberano di colori acidi e contrasti. Via via, il monologo si trasforma in “piece” vera e propria. Spettacolo. Commedia. Da ampie aperture laterali (simili a saracinesche) carrellano in scena i vari ambienti. Insieme ai personaggi che li animano. Gli attori, volutamente, si trasformano in una sequenza di personaggi, traghettando, dall’uno all’altro, le caratteristiche comuni, i caratteri più evidentemente condivisi”. E ancora: “Oggi parleremmo di “disfunzionalità” e “disturbi del comportamento”. Pirandello, infatti, anticipando di decenni le conclusioni della “Gestalt”, descrive, in realtà, dei sintomi. Scopre – fra le pieghe di un apparente “feuilleton” – una vasta rete di disturbi e nevrosi, epitome di un più ampio malessere, che contagia le società moderne come, tutt’oggi, le intendiamo. Sono tratti di personalità istrioniche; disturbi “border-line”; disturbi ego-sintonici, che i personaggi del dramma hanno tramutato in manie compulsive, in ansie da controllo. Disfunzionalità dell’umore. Bipolarismo. Rimane, infine, la libertà del racconto. La forza redentrice del relativismo, il sollievo del ridicolo”.