“Elio Ciol. Il canto della pietra. Armenia 2005” riporta a un territorio dove tutto è costruito con le pietre delle sue montagne, sempre con una precisa continuità visiva tra territorio ed edificio, con strutture che hanno il colore delle montagne e che paiono esserne parte integrante. Le croci scolpite, o khatchkar, sostanziano buona parte della mostra. L’Armenia aderì al Cristianesimo sin dai primissimi anni del III secolo, senza mai aver completamente soppiantato gli antichissimi culti pagani. Si scolpirono croci ovunque e fiorì un’iconografia che, piuttosto che alla passione di Cristo, dava ampio spazio ai riferimenti alla resurrezione, con un’abbondanza degli elementi che si rifanno all’Albero della vita, quali i frutti del melograno e della vite, o il seme da cui ha origine l’Albero, raffigurato daldisco scolpito tradizionalmente sotto la croce dei khatchkar. Spiega il critico Giancarlo Pauletto che «le croci scolpite su colonne e pareti architettoniche, oppure isolate e poi come steli di cimitero oppure guida in salita ai luoghi sacri, sono tutte diverse, e di diversi tempi, dai primi secoli dell’era cristiana all’era moderna. Ogni croce indicava una presenza sostanziale, rappresentava un fedele materialmente presente, pellegrino a fronte del suo Dio, a chiedere‘personale’ misericordia. Ogni khatchkar così costituiva un’identità sacrale, con la preghiera, per ciascuno diversa, riassunta nella croce, tramite di salvezza per tutti e per ognuno di noi. Ciol è maestro nel mettere in evidenza, con il suoobiettivo, questa preziosità. Si veda per esempio il khatchkar “del Salvatore”, risalente al XVI secolo, o l’altro riferito al maestro Pogos (1291) presso la chiesa di San Gregorio l’Illuminatore, a Goshavank: incredibile lavoro di ricamo inpietra che in nulla cede ai più alti esempi di oreficeria dell’epoca».