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Classic art

A che servono questi quattrini

A Trieste una commedia sull'inutilità del denaro
Trieste

Teatro Bobbio
08/12 e fino al 11/12
20.30 (domenica ore 16.30)

Bolle finanziarie, collassi bancari, spread: la cronaca e il nostro vocabolario quotidiano si sono riempiti di concetti economici complessi a volte difficili da interpretare. A scardinare un meccanismo fumoso e mostrarne i paradossi arriva una commedia scritta nel 1940 da Armando Curcio eppure, riportata all’oggi, ancora attualissima: “A che servono questi quattrini” è in scena al Teatro Orazio Bobbio, per la Stagione 2022/2023 della Contrada, dall’8 all’11 dicembre (da giovedì al sabato alle ore 20.30, domenica ore 16.30) con la regia di Andrea Renzi. Nel cast, oltre a Nello Mascia (attore anche di tanto cinema con Paolo Sorrentino, Marco Bellocchio e Mario Martone) e Valerio Santoro (visto recentemente anche nelle serie tv “Il commissario Ricciardi” e “Mina Settembre”), troviamo anche Salvatore Caruso, Loredana Giordano, Fabrizio La Marca e Ivano Schiavi.

La vicenda ruota intorno al Marchese Parascandolo detto il Professore che, per dimostrare le sue teorie socratiche, bizzarre e controcorrente, ordisce un piano comicamente paradossale che svela l’inutilità del possesso del denaro. A portare sul palcoscenico “A che servono questi quattrini” per la prima volta, nel 1940, fu la compagnia dei De Filippo con grande successo di pubblico. L’Italia di lì a poco sarebbe entrata nel conflitto della Seconda Guerra Mondiale e il mondo post-capitalistico dell’alta finanza era di là da venire ma l’argomento, così esplicitamente indicato nel titolo, stuzzicò la curiosità del pubblico di allora tanto che, pochi anni dopo, nel 1942, la commedia venne trasposta sugli schermi cinematografici per la regia di Esodo Pratelli con Eduardo e Peppino De Filippo protagonisti e con, tra gli altri, Clelia Matania e Paolo Stoppa.

Il protagonista immaginato da Amando Curcio, a metà strada tra un filosofo stoico e un astuto truffatore, non voleva, né poteva, mirare al bersaglio della Grande Economia ma certo l’ordito della sua trama e delle sue paradossali speculazioni sollecitano anche in noi uno sguardo disincantato (e saggio) sugli inganni della categoria dell’ “economico”, che tutto oggi pervade. Il Marchese offre tutto il suo appoggio, dando il suo sostegno speculativo, a Vincenzino, ricco solo del suo entusiasmo e della sua ingenuità, e lo aiuta a capovolgere il suo destino di ultimo accompagnandolo in una rapidissima ascesa sociale. Una favola? Un sogno ad occhi aperti? Può darsi.

Ma i temi dell’inutilità del denaro e della dannosità del lavoro, benché calati nella realtà di due famiglie napoletane degli anni ’40, una poverissima l’altra in apparenza arricchita, riescono, sul filo del paradosso, ad aprirci nella fantasia strade alternative e a divertirci. Truffe internazionali, tassi di interesse sproporzionati, fiducia nei mercati sono fumose informazioni ampliamente invasive cui ci siamo abituati. E forse proprio spingendo sul parossismo del gioco teatrale, mostrato a vista, e sull’assurda fiducia della variegata comunità coinvolta nel piano del Marchese Parascandolo, si può, con la scanzonata e creativa adesione degli attori e in un clima popolare e festoso, relativizzare il potere dei “quattrini”, valore-totem indiscusso, che tutto muove oggi come allora.

 

A che servono questi quattrini

di Armando Curcio

regia di Andrea Renzi

con Nello Mascia, Valerio Santoro, Salvatore Caruso, Loredana Giordano, Fabrizio La Marca e Ivano Schiavi

scene Luigi Ferrigno

costumi Ortensia De Francesco

luci Antonio Molinaro

Una produzione La Pirandelliana / Teatro di Napoli – Teatro Nazionale