La forza della memoria

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redazione

3 Marzo 2008
Reading Time: 4 minutes

Gianrico Tedeschi

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Il 20 aprile compirà 88 anni. Un appuntamento che Gianrico Tedeschi festeggerà facendo la cosa che più gli piace. Recitare.

Perchè nonostante una carriera sensazionale alle spalle, uno dei mostri sacri del panorama teatrale italiano continua ancora oggi a conquistare le platee di tutto lo Stivale. Sostenuto da una convinzione impossibile da scalfire: “Come l’università o la sanità, anche il teatro rappresenta un servizio pubblico”.

E detto da chi nell’ambiente ha trascorso sessant’anni di carriera, l’affermazione appare difficile da obiettare. “Il repertorio che presento – confida Gianrico Tedeschi in un attimo di pausa delle prove di La rigenerazione – si basa sul teatro classico e deve essere presentato nel solco della tradizione”.

Una scelta non facile visto che al giorno d’oggi il pubblico apprezza maggiormente spettacoli meno impegnati…

“Ecco perché il teatro di cui parlo io ha bisogno di strutture pubbliche in grado di sostenerlo. La gente tende infatti a prediligere la commedia musicale e spettacoli basati solo e soprattutto sul divertimento. Un teatro privato, vivendo dell’affluenza degli spettatori, non potrebbe permettersi un repertorio classico”.

In questo contesto in Friuli Venezia Giulia i teatri pubblici non mancano di certo…

“La vostra regione può contare su un panorama straordinario dal punto di vista teatrale. Recitare sui suoi palchi offre realmente la sensazione di fare un teatro al servizio del pubblico”.

Per questo motivo ha allestito a Cormòns una compagnia di prosa?

In realtà tutto è nato da Walter Mramor (direttore artistico di a.Artisti Associati di Gorizia, ndr) quando mi invitò all’inaugurazione del Teatro Comunale cormonese appena ristrutturato. Non potei rifiutare: il solo pensiero che una piccola cittadina volesse puntare le proprie energie su questa struttura e su una programmazione di qualità mi sembrò subito un evento eccezionale cui non potevo mancare”.

Una scelta premiata con un riconoscimento speciale…

“La città di Cormòns ebbe la generosità di farmi cittadino onorario: una decisione che mi ha molto emozionato”.

E che diede avvio a un nuovo rapporto…

“In quel periodo avevo avuto un’offerta per un testo scritto dal triestino Furio Bordon e portato alla ribalta da Marcello Mastroianni: Le ultime lune. Mramor mi propose di metterlo in scena e io accettai”.

Domanda retorica: com’è andata?

“Siamo giunti al sesto anno di tournée con oltre 350 repliche… Ma quello che mi fa più piacere è che il tutto sia nato dal rapporto speciale con Mramor, con Cormòns e con l’intera regione. Se prosegue così diventa un’esagerazione: va a finire che devo anche morire lì…”

Scongiuri di rito a parte, quali sono le cose che più le piacciono di questa terra?

“Il Collio è meraviglioso. Per non parlare del suo vino: eccellente. Peccato che adesso non posso più berlo. Però assaggiarlo sì…”

Volgendo lo sguardo indietro si scopre che il suo rapporto con il Friuli Venezia Giulia iniziò molti anni fa, con un corregionale d’eccezione: Giorgio Strehler.

“Il nostro incontro fu bellissimo. Tornavamo entrambi dai campi di concentramento, io dalla Germania e lui dalla Svizzera. A Milano Strehler fondò uno studio d’arte drammatica che riunì numerosi giovani artisti dell’epoca”.

Fu allora che nacque l’intuizione del teatro come servizio pubblico?

“Dico solo che Paolo Grassi ci caricava tutti su un camion e ci portava in giro per la provincia a fare teatro nelle fabbriche…”

Poi finalmente Grassi e Strehler riuscirono a fondare il Piccolo Teatro di Milano…

“Ci volle più tempo del previsto perché si trattava del primo teatro pubblico in Italia e se ne doveva interessare il Comune. Io non ho avuto la pazienza di aspettare e sono andato a Roma, in Accademia. Poi però sono tornato”.

In fondo Milano è la sua casa.

“La passione per il teatro la devo alla mia città. Quando ero ragazzino, ma questo vale anche e soprattutto oggi, tutte le sere una quindicina di teatri davano spettacoli diversi. Mio padre mi ci portava ogni domenica: mi appassionai e, dai 13 anni, iniziai ad andare a teatro da solo”.

Poco più tardi, invece, il teatro ha iniziato a farlo. A quasi 88 anni compiuti e 60 di carriera Gianrico Tedeschi come si prepara per uno spettacolo?

“Come ho sempre fatto. Studio il personaggio e il testo in ogni loro aspetto, cercando di comprendere anche l’autore e tutta la sua opera. In altre parole ricreando l’atmosfera della scena”.

A proposito di scena: l’ultimo testo che lei ha scritto è stato Smemorando, una sorta di inno alla Memoria. Come mai?

“Cito una frase scritta all’uscita del museo di Dachau: Se uno non vuole ricordare è costretto a rivivere ciò che è successo. La Memoria è identità. In una società rivolta sempre e solo al futuro, ho sentito il bisogno di dire queste cose. Anche a costo di apparire noioso. Perché senza Memoria non si va da nessuna parte”.

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