Tra la mente e il corpo

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Michele D'Urso

5 Ottobre 2018
Reading Time: 4 minutes

Rita Manzan

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Se l’invenzione della ruota segna l’inizio della storia dell’uomo moderno, quella dell’arco, molto più antica, segna l’inizio della dominazione dell’essere umano sulle altre specie animali. Ruota e arco sono entrambi simboli mitologici, essendo associati la prima al dio Iuppiter dei Galli, mentre il secondo è associato alla dea Diana dei Romani. E Rita Manzan, giovane atleta dell’Arco Club ‘Il Falcone’ di Lucinico, talentuosa ‘quasi neofita’ di questo sport, nel mio immaginario film mentale appare proprio come una novella Diana.

«Ma io non andrò mai a caccia, non potrei proprio: il solo pensiero di poter fare del male a qualche creatura mi fa rabbrividire, anche se è vero che la mia specialità è quella dell’Arco 3D…»

Siccome di tiro con l’arco non ci capisco proprio niente, cos’è l’Arco 3D?

«Nel tiro con l’arco esistono varie specialità, divise tra loro in base al tipo di arco che si usa e al tipo di gara. Per quanto riguarda i tipi di arco si va dal ‘nudo’, al ‘ricurvo’, al ‘compound’, mentre per le gare si va dall’Arco Olimpico, che è la specialità più famosa anche grazie ai successi degli arcieri italiani, alle gare di ‘campagna’, alla Sky Arcery, dove bisogna essere arcieri e sciatori contemporaneamente. L’Arco 3D è una delle specialità di tiro con l’arco nella quale, su percorsi ‘di campagna’ prefissati, si tira a delle sagome a 3 dimensioni, rappresentanti animali di varie specie e dimensioni».

Cosa significa ‘di campagna’?

«Innanzitutto che si svolgono all’aperto, quindi anche nei boschi, ovviamente dove si è autorizzati e sussistono le possibilità di ‘sgombero’ della zona di tiro, in modo che nessuno si faccia male».

Già, non bisogna dimenticare che l’arco è un’arma…

«In questo senso posso anche concepire il suo utilizzo nell’antichità per procacciarsi il cibo, ma io lo sento solo come gesto atletico, come attività coordinativa mente-corpo».

Il famoso libro Lo Zen e il tiro con l’Arco

«Che non ho ancora letto e del quale tutti mi parlano».

Come non l’ha ancora letto?

«Ho cominciato da poco a gareggiare con l’Arco; prima facevo nuoto, ma non agonistico, poi l’anno scorso, sotto la guida del mio istruttore Danilo Chinese, mi sono ritrovata a scagliare una freccia, ed è stato amore a prima vista. Da allora tiro tutti i giorni … o quasi».

Come mai proprio questa specialità?

«L’arco ricurvo che uso è essenziale; senza fronzoli, diretto e in continuo cambiamento come la vita. Fra un tiro e l’altro può cambiare il vento, la forza con cui regoli l’arco e altre componenti; nelle altre gare non dico che non ci sia bisogno di sensibilità, ma ci sono più ‘supporti’, che non sento miei».

Come si svolge una gara 3D?

«I partecipanti vengono suddivisi in ‘Pattuglie’, le quali, agli ordini di un capo pattuglia e sotto il controllo di un arbitro, si avvicendano nelle varie postazioni di tiro. L’arbitro non è lì solo per controllare che si tirino i numeri di frecce previsti, ma anche funge da giudice di campo in quanto controlla che ci siano tutte le condizioni di sicurezza. Dopo aver scoccato tutti le proprie frecce, allora si procede al recupero e al conteggio punti».

Quindi si gareggia solo a squadre?

«No, ognuno gareggia per sé, il raggruppamento è solo ai fini dello svolgimento della gara. Però esiste anche il concetto di squadra di società, solo che per poter accedere anche a tali classifiche bisogna avere una tiratrice per tre tipi di arco diversi… e non è facile essere in tre».

Quante frecce si tirano in una gara?

«Le gare 3D prevedono 24 piazzole, e per ogni piazzola si possono tirare due frecce, quindi 48».

È necessario quindi avere anche un certo allenamento fisico…

«Bisogna tenersi allenati sempre, sia nel corpo che nella mente. Io mi alleno tutti i giorni cominciando da esercizi di riscaldamento per avere le spalle libere e pronte, e poi faccio un ‘warm up’ di 50 frecce. Quindi si comincia: all’inizio si usano archi non troppo potenti, proprio perché non si è forti abbastanza, poi si sale come ‘Libbraggio’, anche perché più l’arco è potente e più la freccia resta stabile, insomma va più dritta».

Ci vorrà il suo tempo per fare tutto; ma lei mi ricorda la dea Diana spesso raffigurata con un segugio ai suoi piedi…

«Chi è autorizzato ad andare a caccia con l’arco può avere il suo cane da riporto, e in questo contesto l’emulazione dei tempi antichi è molto fedele, ma io addestro cani per ‘Utilità e difesa’, non per la caccia».

Cani di quali razze?

«Solo una in realtà: il Pastore Tedesco. È una passione che condivido con mio papà Simone da tempi ormai immemori. Abbiamo entrambi preso il brevetto S.A.S. e ci stiamo organizzando per aprire un centro di addestramento ad Aquileia; speriamo di inaugurarlo a breve, magari all’inizio dell’anno prossimo. Il nostro obiettivo è di addestrare i cani, e i padroni, a essere dei ‘buoni cittadini’, nel senso che per una corretta vita sociale ognuno di noi, cani compresi, devono avere chiare le regole di convivenza, che invece, troppo spesso, sono trascurate per soddisfare le proprie passioni».

Mi perdoni in anticipo una pessima battuta; ma ai cani parlate in tedesco?

«In realtà sì, perché per dare gli ordini bisogna usare dei suoni perentori, che non ammettono ambiguità di interpretazione; in questo senso un imperativo teutonico ‘Sitz!’ è più efficace di un morbido ‘Seduto!’».

Quali altri progetti per il futuro?

«Oltre al centro di addestramento vorrei cogliere qualche successo sportivo, anche perché grazie all’arco ho conosciuto persone speciali, alle quali sono molto legata, e vorrei chiudere dedicando, a nome di tutta la mia compagnia arcieri, un pensiero a Dario Furlan, uno dei nostri, purtroppo, recentemente e prematuramente scomparso».

E lo sport vero è questo; rispetto, stima, senso di fratellanza, condivisione, affetto. E noi ci uniamo al cordoglio, perché è bene ricordarlo che anche l’amore arriva con una freccia (sentimentale) diritta al cuore.

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