Parole Povere al Torino Film Festival

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redazione

5 Novembre 2013
Reading Time: 2 minutes

Prodotto dalla Tucker

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Parole Povere, il nuovo film di Francesca Archibugi nato dal felicissimo incontro con il poeta friulano Pierluigi Cappello, parteciperà al Torino Film Festival nella sezione E intanto in Italia (dedicata ai cineasti contemporanei).

Fortemente voluto a Torino dal direttore Paolo VirzìParole Povere è il terzo titolo consecutivo targato Tucker Film ad approdare sotto i riflettori di un festival, dopo Zoran, il mio nipote scemo di Matteo Oleotto (vincitore della Settimana Internazionale della Critica a Venezia) eTIR di Alberto Fasulo (in concorso al Festival del Film di Roma). Un 2013 davvero intenso per la casa di distribuzione indipendente friulana, dunque, che del film dell’Archibugi firma anche la produzione assieme ad Agherose e in collaborazione con il Centro Espressioni Cinematografiche, la Banca Popolare FriulAdria e il Mittelfest di Cividale del Friuli       

Che cos’è, dunque, Parole Povere? Prima di essere un documentario, è la dolce collisione tra gli occhi di una regista e le parole, tutt’altro che povere, di un poeta. Lei, Francesca Archibugi, offre il suo sguardo, costruisce l’ascolto, lui, Pierluigi Cappello, offre la sua identità sorridente, restituisce la complessa naturalezza di chi è nato «al di qua di questi fogli». Vita e creazione letteraria: quali distanze alimentano il rapporto? E di quali vicinanze, invece, si nutre?

La macchina da presa cerca risposte facendo sempre un passo indietro, con affettuoso pudore, e documenta la verità, la realtà, senza mai ricorrere a sovrastrutture intellettuali. Il montaggio racconta, non estetizza, la musica di Battista Lena diventa scansione narrativa, non arreda i silenzi, e la piccola storia di Pierluigi, che è necessariamente anche la grande storia di una terra e di un popolo, scorre sullo schermo così come scorre nella quotidianità. Le radici friulane e le testimonianze divertite degli amici. I luoghi e i ricordi. L’ombra scura del 1976 e il profilo verde delle montagne. La sedia a rotelle che spezza la libertà di un sedicenne e disegna, millimetro dopo millimetro, la libertà di un uomo. Di un poeta. Di un guerriero mite e gentile che abita «tra l’ultima parola detta e la prima nuova da dire». 

Francesca Archibugi, che ha legato il suo nome a piccoli grandi film come Mignon è partita o Lezioni di volo, racconta così l’incontro con Cappello: «La prima volta è stata due anni fa, quando ho comprato la raccolta di poesie Mandate a dire all’imperatore con cui aveva appena vinto il Premio Viareggio. Non sono un’esperta di poesia, ma una lettrice appassionata. Mi serve avere un libro di poesia contemporanea sul comodino, perché è il più forte antidoto contro l’ansia e la noia. Mi sono avvicinata a Pierluigi quando è diventato il mio compagno di comodino. Non ci conoscevamo, eppure eravamo già intimi…». E ancora: «Le poesie di Cappello sono  piene di immagini e forse le ho perfino sognate. Non sapevo nulla della sua vicenda  personale, dell’incidente di moto a sedici anni e della sua vita in carrozzina da allora.  Nessun indizio dalle poesie: nei suoi versi Pierluigi corre, a volte vola».

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