Una vita per il bene comune

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Antonio de Dottori

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Il prossimo 25 aprile ricorreranno duecento anni dalla nascita di Antonio de Dottori, nobile degli Alberoni, e il 13 aprile i centodieci dalla sua morte.

“… È il Dottori oggidì l’unico superstite di quei pochi illuminati nelle cui menti surse e fu coltivata oltre mezzo secolo fa, la grande idea dell’irrigazione dell’Agro monfalconese colle acque del vicino Isonzo, idea che accolta sotto il suo patrocinio, fu propagata, difesa e predicata tanto, che il seguito degli adepti crebbe per modo da potere, sotto l’impero delle nuove leggi, prepararne l’attuazione, e vedere, come osiamo sperare, anche tra breve compiuta la creazione […] Fu di preziosissimo sussidio ai colleghi giuristi nel campo della legislazione, particolarmente nella discussione del regolamento comunale, e poi in tutti quanti i lavori attinenti alle riforme della pubblica istruzione, alle materie agrarie, al commercio, alle comunicazioni, all’industria vinifera e serica, ed in tutte quante le questioni importanti in generale sul campo degli interessi morali e materiali della nostra terra, nel difendere e propugnare i quali fu costantemente fedele al principio liberale e nazionale […] Fu in progresso degli anni anche membro di quasi tutti i Consigli comunali del Territorio, dovunque procedendo col miglior esempio e studiandosi di guadagnar tutti gli animi a quei principi di solerzia, vigilanza, di specchiata onestà, disinteresse ed amorevole trattamento dei conterranei senza distinzione di rango…”.

Così i nipoti del ramo de Dottori e del ramo Morelli de Rossi esternarono nel giugno 1897 al nonno ottuagenario – Antonio de Dottori degli Alberoni, patriarca di una delle famiglie imprenditoriali agricole più facoltose e importanti della Contea Principesca di Gorizia e Gradisca e della vicina Provincia del Friuli – il loro affetto e la deferente ammirazione nella circostanza del suo onomastico, condensando in una brochure a lui dedicata le molteplici benemerenze, acquisite in tanti decenni di impegno nelle varie sedi pubbliche e nei diversi ambiti istituzionali e sociali della Contea al servizio e nel superiore interesse della Comunità.

L’opera svolta da Antonio de Dottori, in sinergia con altri illustri personaggi del suo tempo per rompere l’isolamento del Monfalconese e farlo emergere socialmente e crescere economicamente, fu costante, puntigliosa ed efficace. Ne fanno fede le importanti infrastrutture realizzate nel territorio nell’arco di oltre un cinquantennio, dal 1860 al 1914, anche grazie alla sua pervicace azione di promozione, tra cui: la ferrovia per Gorizia e verso Cervignano, l’introduzione della pratica irrigua e l’attivazione delle centrali idroelettriche sul Canale principale (che poi gli venne dedicato), la costruzione del tratto finale dello stesso con carattere di navigabilità (Canale E. Valentinis, di cui quest’anno ricorrono centodieci anni dall’inaugurazione) per avvicinare il porto alla città, i ponti sull’Isonzo a Sagrado e a Pieris.

Tenuto conto del contesto istituzionale, normativo e sociale del periodo, la sua fu una lunga battaglia d’avanguardia, meritoriamente vinta. Fu un vero protagonista, strenuo sostenitore non solo di un modo diverso di fare agricoltura, grazie alla preziosa disponibilità dell’acqua irrigua, ma anche dell’indifferibilità di una decisa svolta socio-economica del territorio:

“ … Gli stretti legami che il de Dottori aveva con il Veneto pel tramite dell’Associazione Agraria Friulana non furono indifferenti nella sua opera di pioniere della bonifica isontina. Sul finire del secolo il nipote Giuseppe Morelli de Rossi, anch’egli membro della Direzione dell’Associazione Agraria, divenne uno degli artefici della ricostruzione viticola del Friuli …” (Paolo Gaspari, ‘La fine del mondo contadino in Friuli’, 2006, p. 54).

Le radici della famiglia Dottori erano venetogradesi, perché Pietro Dottori q.m (latino quondam, italiano fu) Michiel, originario di Venezia, nel 1694 ottenne la cittadinanza di Grado e successivamente, nel 1719, quella di Ronchi (Archivio Storico Comune di Monfalcone).

I de Dottori ebbero residenza a Ronchi, all’inizio forse in un edificio dominicale diverso dal complesso edilizio tardo settecentesco, divenuto poi storica casa padronale della famiglia, ubicata nel rione di San Vito (San Vido Cau de Soto), lungo l’odierna via XXIV Maggio. II palazzo venne più volte ristrutturato e modificato nel tempo, soprattutto dopo la Grande Guerra, quando fu gravemente danneggiato da un incendio appiccato dai soldati italiani in ritirata. Quel nucleo residenziale fu edificato su commissione del padre del nostro protagonista, Giuseppe Felice Dottori, che ne divenne unico proprietario nel 1825. La famiglia si fregiava pure di uno ‘stemma’, di cui purtroppo s’è persa ogni traccia, citato nella brochure più sopra menzionata.

Antonio de Dottori nacque a Ronchi il 25 aprile 1817 da Giuseppe Felice e Antonia Monferà. Portò all’altare il 29 aprile 1840 Carolina della Bona, sorella di monsignor Giuseppe della Bona, allora Vescovo di Trento, da cui ebbe tre figli: Giuseppe, Federico e Antonia Elena poi coniugata Morelli de Rossi. Federico sposò Irene Prokop (figlia di Giuseppe e Anna de Lionelli), da cui ebbe quattro figli: Antonio Giuseppe Battista poi coniugato con Ines de Nordis, Anna Carolina poi coniugata Vianello, Giuseppe Angelo Battista poi coniugato con Maria Costessich e Giovanni. Il nipote Antonio, primogenito di Federico, assunse la conduzione dell’azienda agricola di famiglia, fino alla sua morte, avvenuta nel 1955. Non ebbe figli. Giuseppe, invece, intraprese la carriera di magistrato ed ebbe cinque figli (Federico, Irene, Antonio, Maria e Sergio). Antonio de Dottori assolse gli studi ginnasiali a Udine, ove rimase qualche tempo a far pratica amministrativa presso il Municipio cittadino. Rientrato a Ronchi assunse le redini dell’azienda agricola di famiglia, poiché il fratello maggiore Giovanni (amico dell’abate di Ronchi Leonardo Brumati e della poetessa di San Lorenzo di Manzano Caterina Percoto) aveva seguito la vocazione sacerdotale. Ricoprì numerosi importanti incarichi pubblici e lasciò molti scritti e articoli su tematiche di varia natura, specialmente agricola. Venne insignito di diverse onorificenze.

In occasione del suo 80° genetliaco, Antonio de Dottori venne omaggiato nella sua dimora di Ronchi dalle massime Autorità della Contea e locali, dai familiari, da amici e popolo con una solenne cerimonia, riportata anche dalla stampa locale e nazionale. Nel corso della cerimonia gli venne donata una preziosa pergamena riportante la seguente epigrafe, stilata dal Commendator Luigi Pajer de Morniva, allora Capitano Provinciale e Presidente dell’I.R. Società Agraria di Gorizia:

AL CAVALIERE ANTONIO DOTTORI DEGLI ALBERONI

DI OGNI VIRTU’ CIVILE ADORNO

DECORO E VANTO DEL FRIULI

CHE A OTTANT’ANNI DI VITA INTEMPERATA

ONUSTO DI CARICHE ED ONORI

CON GIOVANILE ARDORE INGEGNO CUORE OPERA

IL XXV APRILE MDCCCXCVII

AMICI E COLLEGHI RICONOSCENTI BENE AUGURANDO

D.D.D.

Antonio de Dottori si spense serenamente nella dimora di Ronchi il 13 aprile 1907, in tempo per vedere completata e inaugurata il 25 giugno 1905, al cospetto delle più alte Autorità dell’Impero e della Contea, quella imponente opera irrigatoria che aveva tanto voluto, che a lui venne emblematicamente dedicata e che tutt’ora arreca grande beneficio all’economia agricola del Monfalconese. Riposa nel camposanto di Ronchi, nella tomba di famiglia, che ospita le spoglie dei suoi figli e di diversi nipoti e pronipoti.

La lezione di vita che Antonio de Dottori degli Alberoni ci ha trasmesso – fatta di dedizione alla causa comune, di senso della cosa pubblica, di spirito di servizio – è una prezioso patrimonio, una testimonianza esemplare per chiunque, un valore che va preservato dall’oblio, per non dimenticare, per un doveroso rispetto della memoria che la società odierna sembra aver irrimediabilmente smarrito.

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