I più belli del reame

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Andrea Fiore

15 Novembre 2016
Reading Time: 3 minutes

Giovani ed effimero

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“Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace”. Nei tempi della globalizzazione gli antichi detti entrano in crisi, perché anche un parametro soggettivo come la bellezza viene incastonato all’interno di canoni sempre più standardizzati. Potere dei mass media e della comunicazione digitale online. Un’evoluzione tanto pericolosa quanto difficile da arginare, con effetti collaterali sempre più dirompenti che stanno modificando (in peggio) lo stile di vita dei giovani. E non solo.

Dal web alla tv, passando per giornali e riviste, i modelli di bellezza che i mass media propinano sono sempre gli stessi: donne magre e longilinee, uomini muscolosi e aitanti. Prototipi sempre più irraggiungibili che, nell’epoca in cui l’apparire ha scavalcato l’essere, provocano la conseguenza di far sentire inadeguati i comuni mortali.

Il corpo degli altri

Una situazione che spalanca le porte a contesti potenzialmente drammatici, in grado di innescare meccanismi psicologici impossibili da controllare. Non è un caso che negli ultimi anni, ad esempio, si stia assistendo a un nuovo incremento dei disturbi alimentari da un lato e al massiccio ricorso alla chirurgia estetica dall’altro. Questo perché, a causa del vero e proprio lavaggio del cervello propinato dai mass media, persone “normali” non si  vedono più tali, perché i canoni estetici proposti sono distanti anni luce dalla realtà del quotidiano.

Da tale situazione prende così il via una rincorsa continua per modificare il proprio corpo: dai piercing ai tatuaggi, fino ai veri e propri interventi chirurgici a fini estetici. Innescando un circolo vizioso nel quale le persone coinvolte non riescono mai a essere completamente soddisfatte di se stesse.

Una lotta impari

Il nostro corpo, infatti, non è una statua di pietra che una volta modellata resta immutata nel tempo. Con lo scorrere degli anni tutti noi invecchiamo e il nostro fisico si modifica in continuazione. È quindi inevitabile che ogni intervento estetico debba fare i conti con questi cambiamenti, richiedendo in continuazione nuovi accorgimenti.   Perché quella contro il tempo e l’invecchiamento, fin dalla sua apparizione sulla Terra, rappresenta per l’essere umano una lotta sempre perdente. E non comprenderlo rischia di condurre facilmente a uno stato di depressione e frustrazione, trasformando la ricerca della bellezza in una vera e propria droga.

Giovani, l’anello debole

Premesso che il fenomeno di cui stiamo parlando è transgenerazionale e coinvolge anche gli adulti, i giovani restano i soggetti più a rischio. Anche perché spesso sono proprio gli adulti di riferimento – leggasi genitori – a regalare ai propri figli interventi estetici. Senza tenere conto che su un corpo ancora in fase evolutiva come quello di un ragazzo o di una ragazza, interventi precoci comportano altissime probabilità di ulteriori operazioni correttive, più invasive e rischiose.

Futuro? Buio pesto

Di fronte a uno scenario così allarmante, sorgono spontanei due quesiti. Il primo: a chi giova tutto questo? La risposta va ricercata nell’economia. Dati alla mano, infatti, il mondo della chirurgia estetica (ma anche quello dei piercing e dei tatuaggi) produce un giro di denaro e di interessi in crescita esponenziale, mettendo a disposizione risorse ingenti da investire nel campo della promozione e della comunicazione, diffondendo in modo aggressivo e pervasivo messaggi che esaltano modelli di bellezza sempre più elevati.

Il secondo quesito è altrettanto semplice: è possibile contrastare tutto questo? Al momento la risposta realistica è una sola: no. Purtroppo il servizio sanitario pubblico non ha alcuna influenza, poiché questi interventi vengono eseguiti sempre da privati, alimentando così un mercato completamente fuori controllo. Probabilmente – concedetemi il ricorso al paradosso – solo quando le masse di giovani sembreranno caricature tutte identiche tra loro (zigomi alti, labbra carnose…), annientando la soggettività in favore dell’omologazione, ci si porrà realmente il problema.

Ma a quel punto, la nostra società frivola e dell’esteriorità potrebbe aver perso anche la consapevolezza di distinguere l’essere dall’apparire.

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