La regina dei cieli

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Giuliana Dalla Fior

23 Aprile 2013
Reading Time: 5 minutes

Paola Gini, pilota

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Come tutti i bimbi giocava e aveva sogni, ma sembrava sapere già con precisione quale sarebbe stato il suo domani. Coltivava anche una grande ammirazione per Top Gun. E la sorte, che non sempre è cieca, un giorno ha provveduto con un input determinante a facilitare il raggiungimento dell’obiettivo: “vorrei volare”.

Così, terminata la maturità scientifica a Latisana, ha scelto la Scuola di Volo di Sanford in Florida per conseguire i brevetti di pilota. È seguita poi la conversione dei brevetti americani in Italia, la scuola di volo di Alitalia, quindi l’abilitazione per il Dornier 328 di Minerva Airlines e successivamente per l’A320 di Volare. Ma l’aspirazione a raggiungere mete sempre più lontane si è concretizzata con il brevetto per pilotare il B747-200 della Ocean Airlines, poi il B767 per Blue Panorama e infine il B747-400.

Da poco tempo è la prima donna italiana Comandante di un Jumbo jet: il Boeing 747 (denominato anche “Queen of the skies (Regina dei cieli)”. Una giovane di Torviscosa ha raggiunto un traguardo prestigioso, tanto più significativo perché dimostra che la differenza di genere non è assolutamente un limite, se la donna ha autostima, determinazione, coraggio e capacità di vivere il proprio tempo.

È la vita, fino a oggi, di Paola Gini.

Comandante Gini, lei ha mai giocato con le bambole?

«Ho sempre giocato con le bambole! Ma non con la Barbie, perché mi sembrava troppo leziosa; poi non mi piacevano i vestitini chic, i fiocchetti, il colore rosa… Preferivo il fucsia, che è ancora il colore che maggiormente mi piace».

Dal fucsia ai Jumbo. Com’è nata in lei l’idea di diventare pilota d’aereo?

«È sempre stata la mia passione. Quando alle elementari mi chiedevano “Cosa vorresti fare da grande?”, mentre le mie compagne rispondevano ballerina, presentatrice, giornalista, medico, io dicevo sempre pilota o astronauta. Analogamente accadeva con i disegni scolastici: le mie compagne disegnavano casette, alberelli, montagne, io invece aerei, sempre aerei».

Per trasformare il sogno in realtà come ha fatto?

«Il primo grande entusiasmo è nato dall’ammirazione per la pattuglia acrobatica delle Frecce Tricolori: sono una friulana orgogliosissima di questa strepitosa formazione. Inoltre mio padre ha lavorato molto all’estero e così io lo accompagnavo o lo accoglievo sempre all’aeroporto in occasione di ogni suo viaggio. E in quel luogo la mia passione per l’aereo si alimentava costantemente».

Finché un giorno in viaggio con suo padre dovette partire anche lei…

«Per motivi di lavoro dovette trasferirsi per diverso tempo in Congo e tutta la famiglia lo accompagnò. All’epoca avevo 18 anni e avevo appena concluso la maturità scientifica. Qui c’erano tutti i miei amici e non volevo assolutamente lasciare il Friuli».

Come la convinsero?

«Arrivammo a un compromesso. Mio padre mi disse: “Se vieni in Africa ti farò volare”. Partimmo al mattino presto; alle 14 in Congo ero già all’Aereo club e ho iniziato la scuola di volo».

Un papà di parola. Qual è stato il ruolo dei suoi genitori nella sua carriera?

«Sono fi glia unica e in questa mia passione sono sempre stata sostenuta, anche perché i due anni di scuola in Florida per ottenere il brevetto li hanno pagati loro. È grazie al sostegno dei miei genitori se ho raggiunto l’abilitazione al volo sia cargo che passeggeri».

Quali doti servono per arrivare a pilotare un B747?

«Ci vogliono determinazione e passione. Nell’intraprendere la carriera di pilota si affrontano momenti difficili e vi è poi una notevole concorrenza. Talvolta si pensa che in pochi aspirino a questa professione, ma non è così e le selezioni sono molto impegnative».

Lei è la prima donna italiana Comandante di un Jumbo jet. Quante rinunce per questo traguardo?

«Ho fatto molti sacrifici e soprattutto ho rinunciato da subito alla “vita normale”: niente discoteca, rarissimi incontri con gli amici nei week end, niente orari canonici di lavoro. Ma il B747 è l’aereo della storia ed era un sogno poterlo comandare. Ora quel sogno è divenuto realtà! La strada è stata lunga, talora impervia, ma alla fi ne è stata la vittoria dell’intensità della mia passione e della mia testardaggine».

Come sono i rapporti con i colleghi maschi?

«Lavoro molto bene con loro, perché sono meno invidiosi e meno pettegoli rispetto alle donne. I maschi sono più rilassanti e più pronti a darti stima. Solo negli ultimi tempi è capitato che talvolta colleghi più anziani, rispetto a me che ho 36 anni, celino forse un po’ di invidia».

Qual è stata l’emozione più intensa provata in qualità di pilota ufficiale?

«Il primo atterraggio ad Hong Kong. Prima di allora avevo volato solo in Europa. In quell’occasione ero decollata da Brescia Montichiari e dopo 11 ore di volo mi affacciavo su questa metropoli: albeggiava e una nebbiolina leggera si stendeva impalpabile attorno a me, quando mi apparve quella grande baia aperta ove a breve sarei atterrata… Un altro sogno diventava realtà. Un’emozione indimenticabile».

Quali sono le doti essenziali per un pilota Comandante di Jumbo 747?

«Ci vogliono determinazione, passione e buona memoria; ogni sei mesi si deve affrontare e superare un test. È necessario leggere costantemente e aggiornarsi sempre».

E dal punto di vista fisico?

«Ci vuole sicuramente tempra fi sica, soprattutto quando si decolla di notte; ci sono anche 18 ore consecutive di servizio, pur sapendo che si può riposare, ma dormire in aereo non è certo come nel proprio letto».

Quando “gira il mondo” le rimane del tempo per visitare i luoghi dove atterra?

«Molto spesso sì perché le soste durano da 24 ore a 3/4 giorni. Il prossimo volo sarò nuovamente in Giappone e mi riprometto di tornare a Osaka e di visitare ancora altre città. Ormai conosco benissimo Tokio».

Per lei “cittadina del mondo” cosa significa tornare in Friuli?

«Torviscosa è casa mia: torno almeno una volta al mese, al massimo dopo 45 giorni. Rivedo sempre con piacere i volti delle persone del paese quando vado al bar o a comprare il pane. Per me è vero e proprio “ritorno alla normalità” con gioia».

Ha qualche hobby?

«Quando ho tempo mi piace giocare a tennis e andare allo stadio a vedere l’Udinese. Sono tifosissima della squadra bianconera e la seguo ovunque io sia nel mondo. Poi mi piace moltissimo ascoltare musica alla radio, sempre, senza specifiche preferenze».

Siamo partiti con il sogno del volo. In questo momento qual è il desiderio che spera si possa realizzare?

«Ho avuto moltissimo dalla vita: ho la salute, faccio il lavoro che da sempre ho desiderato, sono la Comandante di un jumbo 747; ho accanto a me da anni un fidanzato con cui vivo in grande armonia e condivisione; i miei genitori sono felici e orgogliosi… No, in questo momento non ho altri sogni da realizzare».

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