Affidamento familiare: come e perché?

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redazione

4 Agosto 2014
Reading Time: 4 minutes

L’esperienza nella Bassa friulana

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Ogni bambino per poter crescere bene ha bisogno di nutrirsi, di dormire, di essere curato, ma soprattutto di essere amato ed educato. La mancanza di figure familiari stabili e adeguate per il bambino, crea in lui danni fisici e psichici spesso gravi e difficilmente rimediabili.

L’affidamento familiare è un intervento temporaneo di aiuto e sostegno a un minore che proviene da una famiglia in difficoltà. Attraverso l’affidamento il bambino incontra una famiglia, che accogliendolo presso di sé, si impegna ad assicurare un’adeguata risposta ai suoi bisogni affettivi ed educativi.

L’affidamento familiare viene istituito dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149. La normativa sancisce il diritto del minore a crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia e, quando questa sia temporaneamente inidonea, il diritto a essere affidato a un’altra.

La famiglia affidataria per il minore non rappresenta una risorsa sostitutiva della sua famiglia naturale ma si affianca e integra la famiglia d’origine per un periodo di tempo definito. Tutti possono accogliere un bambino in affidamento: famiglie con figli, coppie senza figli, persone singole. Il requisito fondamentale affinché venga riconosciuta l’idoneità a chi fa richiesta per l’affidamento familiare è l’accettazione del bambino con la sua realtà psichica e familiare e la disponibilità ad assicurare il mantenimento, l’istruzione, l’educazione tenendo conto anche delle indicazioni dei genitori del bambino stesso.

Nel territorio della Bassa Friulana i Servizi Sociali dei Comuni degli Ambiti di Cervignano e Latisana e i Servizi Consultoriali – Area Materno-infantile dell’Azienda Sanitaria n. 5 promuovono da anni l’affidamento familiare come risposta alternativa all’istituzionalizzazione di minori allontanati dal loro contesto familiare disfunzionale.

Il progetto di affido coinvolge una molteplicità di attori: il bambino, la sua famiglia di origine, la famiglia affidataria, i servizi, l’autorità giudiziaria e, di conseguenza, deve prevedere opportuni percorsi metodologici capaci di governare i complessi aspetti e le molteplici problematiche presenti durante l’intero percorso, dalla fase di preparazione di soggetti coinvolti all’auspicato rientro del minore presso la sua famiglia.

L’affido è visto come intervento che fa parte del più complesso progetto di tutela del minore e quindi non può essere sganciato da un lavoro di valutazione e recupero delle competenze della famiglia d’origine affinché quest’ultima possa essere aiutata a comprendere e risolvere le problematiche che hanno portato all’allontanamento del figlio.

Infatti “il miglior modo di aiutare un minore la cui famiglia è in crisi è quello di aiutare il nucleo ad uscire dalla crisi, restituendo così al minore – ogni qualvolta sia possibile – l’originario territorio di vita positivo, la sua nicchia ecologica”1.

Quindi se da un lato, in presenza di comportamenti genitoriali dannosi allo sviluppo del bambino, (caratterizzati da grave trascuratezza, maltrattamento fisico, psicologico, abuso sessuale) è evidente la necessità di proteggere il minore collocandolo fuori dal suo nucleo familiare, dall’altro, si ribadisce l’importanza di mettere in campo una rete di interventi coordinati e integrati in cui i genitori siano aiutati a recuperare la loro funzione genitoriale.

L’esperienza operativa ci insegna che il processo di cambiamento per queste famiglie prevede tempi prolungati e spesso non compatibili con quelli evolutivi del bambino; pertanto, in attesa dell’effettivo recupero della famiglia d’origine, il suo temporaneo inserimento in un’altra realtà familiare rappresenta un’esperienza affettiva, educativa e riparativa con effetto compensatorio e protettivo per la sua salute psichica e relazionale.

La famiglia affidataria è costantemente accompagnata durante l’intera esperienza di accoglienza dagli operatori psico-sociali e dal gruppo delle famiglie affidatarie.

Nell’ambito dell’attuazione del Piano di Zona per il triennio 2013-2015 è stata avviata una campagna di sensibilizzazione all’affidamento familiare. Nel triennio la campagna interesserà il territorio della Bassa Friulana, con l’obiettivo di promuovere la cultura dell’accoglienza e di reperire nuove famiglie disponibili ad accogliere minori per aiutarli a “diventare grandi”.

La campagna è avviata con la collaborazione delle Associazioni locali e la partecipazione del “Focolare” e la Comunità “Papa Giovanni XXIII”, associazioni che si occupano di affidamento familiare e collaborano con i servizi pubblici.

L’affidamento familiare è “un’opera a più mani”2 che beneficia degli apporti di più soggetti pubblici e privati, operatori e famiglie che integrano conoscenze

e competenze nel rispetto delle reciproche diversità e specificità. Ciò, nella prospettiva di rete, può essere considerato un esempio innovativo di collaborazione tra servizi istituzionali e reti sociali primarie, in cui l’intervento istituzionale di tutela del minore si realizza attraverso “l’attivazione, l’interconnessione di forme di solidarietà primarie”3.

 

1. Ghezzi Il bambino compromesso e la sua famiglia in difficoltà, introduzione a Ghezzi, D., Vadilonga, F. (a cura di ), La Tutela del minore, Raffaello Cortina Editore, Milano 1996

2. Sbatella, F. Introduzione a CAM (a cura di ) L’affido familiare: un modello di intervento. Manuale per gli operatori dei Servizi, Franco Angeli, Milano, 1998

3. Di Nicola “L’affidamento familiare tra controllo istituzionale e reti di solidarietà primarie” in Di Nicola, P.,Cimetta, G. (a cura di) L’affidamento e l’adozione come servizio sociale. Atti del Seminario Nazionale, Udine,25 settembre 1987

 

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